di padre Piermario Burgoesorcista

Nel Convegno Nazionale Italiano dell’Associazione Internazionale Esorcisti, svoltosi nella casa “Fraterna Domus” di Sacrofano (Roma) tra il 16 e il 20 settembre del 2019, il Prof. Alberto Castaldini presentò una relazione incentrata su San Giovanni Calabria e la lotta che questo Santo dovette sostenere con il demonio per l’intero arco della sua vita, sperimentando le diverse forme dell’azione straordinaria diabolica, compresa – questo a me sembra incontestabile – la possessione (1).
A complemento della relazione del Prof. Castaldini sul santo sacerdote veronese, cercherò di presentare ciò che la Serva di Dio Luisa Piccarreta ha sperimentato nella sua vita in termini di azione diabolica straordinaria.

Premetto che conosco Luisa Piccarreta da quasi trent’anni, anche se, in termini di qualità, lo sa solo il Signore quanto valga questa conoscenza. Aggiungo che, in genere, preferisco non parlare di Luisa, ma rimandare direttamente a lei e, in primo luogo, ai suoi scritti. Della Piccarreta possiamo, infatti, distinguere due aspetti: quello delle virtù praticate in grado eroico, che risaltano in modo particolare se considerate alla luce del suo “ufficio” di vittima, e quello del suo ruolo e della sua missione in ordine al compimento di quanto Cristo ha insegnato a chiedere con le parole “fiat voluntas tua, sicut in caelo et in terra” (sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra). Ora, se tutto in Luisa si limitasse al primo aspetto, il parlare di lei sarebbe relativamente facile, ma siccome in Luisa tutto, ma proprio tutto, è finalizzato al secondo dei suddetti aspetti, preferisco invitare all’approccio immediato con la sua persona e i suoi scritti, nella convinzione che il resto lo farà la grazia di Dio nel rispetto della libera risposta di ciascuno. Detto con altre parole e se può passare il paragone, faccio come ha fatto Andrea col fratello Pietro (cfr. Gv 1,40-42) o Filippo con Natanaele (cfr. Gv 1,45-46).

In questo saggio mi limito dunque a dire che Luisa Piccarreta è nata a Corato, provincia di Bari, il 23 aprile del 1863, che in quell’anno era la domenica in albis, ed è morta, sempre a Corato, il 4 marzo del 1947. Per il resto rimando alla prima biografia documentata della Serva di Dio redatta da Maria Rosaria Del Genio, “Il Sole della mia Volontà. Luisa Piccarreta una vita comune fuori dal comune” (Libreria Editrice Vaticana 2014), recante la prefazione del Card. José Saraiva Martins e la postfazione di S.E. Mons. Giovanni Battista Pichierri, arcivescovo della Diocesi di Luisa fino al 2017, anno della sua repentina scomparsa.
Per conoscere Luisa Piccarreta nel modo con cui il Signore desidera che sia conosciuta, ritengo comunque fondamentale l’approccio diretto con i suoi scritti, soprattutto i 36 volumi del “Diario”, senza trascurare l’epistolario e le altre opere, tra cui spiccano “L’Orologio della Passione” (con l’importante prefazione scritta da Sant’Annibale Maria di Francia) e “La Vergine Maria nel Regno della Divina Volontà”. Preciso, per onestà scientifica, che la questione degli scritti di Luisa, specie del Diario, è un po’ delicata, in quanto di quest’ultimo non sono disponibili a tutt’oggi edizioni ufficiali nonostante il Web ne sia pieno (2).

Il testo su cui mi baso in queste pagine è estratto dal primo volume del Diario di Luisa, che la Serva di Dio iniziò a scrivere nel 1899 per ubbidienza impostale dall’allora suo Confessore, il Can. Don Gennaro De Gennaro. In questo volume vennero successivamente inseriti i cosiddetti Appelli e il Quaderno di “Memorie dell’infanzia”, che la Piccarreta redasse nel 1926 per imposizione del suo ultimo Confessore, il compianto e benemerito Don Benedetto Calvi. Come ho già precisato, questo testo non ha i caratteri dell’ufficialità, anche se ho validi motivi per ritenerlo conforme all’originale (3).

Si tenga, comunque, presente che lo scopo principale del mio contributo non è sottoporre ad un esame critico gli scritti di Luisa Piccarreta, cosa per la quale sarebbe necessaria una loro edizione ufficiale conforme agli originali, bensì il rispondere a questa domanda: se le cose che il testo da me preso in esame sono state scritte da Luisa Piccarreta tali e quali in esso vengono riportate, cosa se ne può dedurre a riguardo dell’azione straordinaria che il demonio ha esercitato su di lei?
Fatta quest’ultima precisazione, cedo la parola a Luisa.

Quaderno di “Memorie dell’infanzia”. 15 Luglio 1926

«Onde ricordo che nella mia tenera età di tre o quattro anni, fino all’età di circa dieci, ero di temperamento paurosa, ed era tanta la paura che né sapevo star sola, né dare un passo da sola, ma ciò era causato da che fin dall’età di tre anni, nella notte facevo quasi sempre sogni di paura.
Sognavo il demonio, che mi metteva spavento tale da farmi tremare; molte volte lo sognavo che mi voleva portare con sé e mi tirava forte, ed io facevo tutti gli sforzi per fuggire; e nello stesso sogno sudavo fredda, mi nascondevo, fuggivo in braccio alla mamma mia; quindi il giorno mi restava l’impressione dei sogni e tale paura, come se da tutte le parti il demonio volesse uscire».

Nel Quaderno di “Memoria dell’infanzia” Luisa Piccarreta è “costretta” dall’obbedienza a colmare le lacune del Diario circa questo periodo della sua vita. Veniamo così a sapere che dai tre ai dieci anni circa d’età la Serva di Dio è vittima di attacchi ossessivi del demonio. Sul fatto che si tratti di un’azione straordinaria del maligno non vi possono essere dubbi ragionevoli: l’età della bambina, l’ambiente in cui vive e le impressioni che dall’ambiente riceve non possono giustificare in alcun modo il formarsi di questi “sogni” e il loro ripetersi costante per un lasso di tempo così ampio. La conferma, comunque, sull’origine preternaturale di questi “sogni” la darà lo stesso Gesù, come più avanti la Piccarreta scriverà.
L’attacco del demonio è portato al senso interno della fantasia, al quale, col permesso di Dio, lo spirito del male ha accesso diretto, sia in stato di veglia, come durante il sonno. Tale attacco è di portata tale da influire sulla Piccarreta anche durante il giorno, quando cioè si trova in stato di veglia. Ciò che rende “sui generis” la situazione vissuta da Luisa in quegli anni è il fatto che nel sogno la piccola sembra conservare la sua libertà di scelta, che si manifesta nel costante sforzo di fuggire dal demonio, nel nascondersi da lui e nel rifugiarsi tra le braccia della Mamma Celeste.

Riprendiamo la lettura del Quaderno.

«Ora credo che ciò mi fece bene, perché sin da quella tenera età io recitavo molte “Ave Maria” e “Pater noster” a tutti i Santi dei quali io conoscevo il nome, per avere la grazia di non farmi sognare il demonio, e se mi veniva nominato un altro Santo che io non conoscevo, subito aggiungevo un “Pater”, se era santo maschio, un “Ave” se era donna, perché dicevo che se non li onoravo tutti, mi facevano sognare il demonio. Ricordo che le sette “Ave” alla Mamma Addolorata fin da quell’età le ho recitato sempre, sicché tenevo una lungaggine di “Pater” e di “Ave Maria”, e perciò, mentre le altre bambine o le mie sorelline giocavano, io restavo un po’ discosta da loro, oppure insieme con loro perché avevo paura, ma non prendevo parte ai loro giochi innocenti, per recitare le mie lunghe “Ave” e “Pater noster”… Ricordo pure che qualche volta sognavo la Vergine, che mi cacciava il demonio, ed una volta mi disse: “Figlia mia, piangi, ché è morto mio Figlio”. Io restai scossa e la compativo; ma ciò mi rendeva infelice. Quando giunsi all’età più capace in cui potevo fare la meditazione, leggere, non potevo appartarmi per la paura e quindi non potevo fare ciò che volevo.

Leggiamo nelle Linee Guida dell’Associazione Internazionale Esorcisti (AIE) (4): «Come dice S. Agostino nell’“Enchiridion”: “Dio, essendo sommamente buono, non permetterebbe in nessun modo che nelle sue opere ci fosse del male, se non fosse tanto potente e tanto buono, da saper trarre il bene anche dal male”. Sicché appartiene all’infinita bontà di Dio il permettere che vi siano dei mali per trarne dei beni» (5). A questa conclusione giunge anche la Serva di Dio, riflettendo sulle conseguenze che gli attacchi ossessivi del demonio ebbero nella sua vita di bambina e questo prima ancora di ricevere da Gesù ulteriori ragguagli sul perché di tanta sofferenza patita nella sua infanzia.

Proseguiamo la lettura del Quaderno.

«Ora, essendomi fatta all’età di undici anni figlia di Maria, un giorno, mentre volevo pregare e meditare, la paura mi sorprese e stavo per fuggire in mezzo alla famiglia; mi intesi una forza nel mio interno, che mi tratteneva, e sentii nel fondo dell’anima mia una voce che mi diceva:
“Perché temi? C’è l’Angelo tuo vicino al tuo fianco, c’è Gesù nel tuo cuore, c’è la Mamma Celeste che ti tiene sotto il suo manto. Perché dunque prendi paura? Chi è più forte: l’Angelo tuo custode, il tuo Gesù, la tua Mamma Celeste, oppure il nemico infernale? Perciò non fuggire, ma resta e prega e non aver paura.”
Questo sentire nel mio interno mi recò tanta forza, coraggio e fermezza, che si allontanò la paura, ed ogni qual volta mi sentivo sorprendere dalla paura, mi sentivo ripetere la stessa voce nel mio interno ed io mi sentivo portare come con mano dal mio Angelo, dalla Sovrana Regina e dal dolce Gesù; mi sentivo trionfante in mezzo a Loro, in modo che acquistai tale coraggio che mi allontanò tutta la paura, molto più che i sogni paurosi cessarono del tutto. Così potetti restare sola, camminare sola, andare sola in giardino quando si stava alla masseria, mentre prima, se ci andavo, solo che vedevo muoversi un ramo d’albero fuggivo, perché pensavo che lì sopra c’era il demonio.
Ricordo che un giorno, ricordando la paura della mia piccola età, i tanti sogni del nemico, che mi rendevano infelice la mia fanciullezza, dicevo a Gesù: “A che pro, Amor mio, aver passato la mia infantile età con tanta paura, con tanti sogni cattivi, che mi facevano tremare, sudare ed amareggiare un’età così tenera? Io non ne capivo nulla, né credo che il nemico avesse nessuno scopo, stante un’età così piccola”, e Gesù mi disse: “Figlia mia, il nemico intravedeva qualche cosa su di te, che mi potessi servire a qualche cosa della mia grande Gloria, e che lui doveva ricevere una grande sconfitta, non mai ricevuta; molto più che vedeva che, per quanto si sforzava, non poteva far penetrare in te nessun affetto o pensiero meno puro, perché io gli tenevo chiuse le porte e lui non sapeva da dove entrare; vedendo ciò si arrabbiava e cercava di atterrirti, non potendo altro, con sogni paurosi e di spavento. Molto più che non sapendone la cagione dei miei grandi disegni su di te, che dovevano servire alla distruzione del suo regno, si metteva sull’attenti per indagare la causa, con la speranza di poterti nuocere in tutti i modi”».

A 11 anni d’età hanno termine gli attacchi ossessivi del demonio condotti sulla fantasia di Luisa Piccarreta durante il tempo in cui era necessitata a dormire. La grazia di Dio si era servita dell’azione diabolica straordinaria di tipo ossessivo per far crescere l’unione intima di Luisa con Cristo e la sua SS. Madre, operando in particolare un notevole sviluppo della virtù cardinale della fortezza, come si può constatare da ciò che la Serva di Dio riferisce circa il suo modo di comportarsi durante il tempo di veglia.
Il fatto che le cose si concludano nel modo riferito costituisce un’ulteriore prova che l’esperienza vissuta da Luisa per lo spazio di sette anni ha una causa preternaturale e non naturale e che i disturbi da lei sofferti sono da iscriversi nel quadro delle azioni straordinarie del demonio.

Dal primo volume del Diario di Luisa
Prima di riportare ciò che Luisa scrive nel suo Diario, premetto alcuni dati biografici che ritengo necessari al lettore che non la conosce. A nove anni la Piccarreta ricevette nello stesso giorno i sacramenti della Comunione e della Cresima. La sua vita spirituale divenne via via più profonda e, dopo che ebbero termine gli attacchi ossessivi con cui il demonio la aggrediva durante il tempo del sonno, il dialogo con Cristo cominciò a prolungarsi ben oltre le due o tre ore di meditazione quotidiana, divenendo ininterrotto a partire dal dodicesimo anno d’età.
Da Gesù Luisa venne educata e plasmata con un’azione continua, mirante, come il Signore più volte le disse, a fare di lei un’immagine perfetta di Sé stesso. Orientata da Cristo a immergersi nel mare sconfinato della sua Passione, verso i 13 anni Luisa, stando sul balcone di casa sua, ebbe un’esperienza straordinaria che la segnerà profondamente e l’accompagnerà per tutta la vita, accendendo in lei il desiderio, mai spento, di soffrire con Gesù e per Gesù.
Questo, in sintesi e per chi non conosce la Piccarreta, il quadro da tenere presente come premessa per comprendere la nuova fase della vita di Luisa che, iniziata tra il tredicesimo e il quattordicesimo anno d’età, durò lo spazio di circa tre anni e che fu caratterizzata da un’aspra lotta col mondo diabolico, durante la quale, come vedremo, Luisa fu vittima di azioni demoniache straordinarie di tipo ossessivo, vessatorio e anche possessivo.
A questo punto, lasciamo a lei la parola su ciò che ebbe a sperimentare in quel periodo.

«Dopo che ebbi passato qualche tempo, quando con Lui e quando priva di Lui, un giorno dopo la Comunione mi sentii più intimamente a Lui unita. Mi faceva varie domande, come per esempio, se gli volevo bene, se ero pronta a fare ciò che Lui voleva, anche il sacrificio della vita per amor suo. Mi diceva ancora: “E tu dimmi che vuoi; se tu sei pronta a fare ciò che voglio, anch’Io farò ciò che vuoi tu”.
Io mi vedevo tutta confusa; non intendevo quel suo modo di operare, ma col tempo ho capito che quel modo di agire è quando vuole disporre l’anima a nuova e pesante croce, e la sa tirare tanto a Sé con quegli stratagemmi, che l’anima non ardisce di opporsi a ciò che Lui vuole. Dunque gli dicevo: “Sì che Vi voglio bene; ma ditemi Voi stesso: posso trovare oggetto più bello, più santo, più amabile di Voi? E poi, perché domandarmi se sono pronta a fare ciò che Voi volete, mentre è da tanto tempo che Vi consegnai la mia volontà e Vi ho pregato che non mi risparmiate, anche a farmi a pezzi, purché potessi darvi gusto? Io mi abbandono in Voi, oh Sposo Santo; operate liberamente, fa di me ciò che vuoi, datemi la grazia vostra, ché da me nulla sono e niente posso”.
E mi ripeteva: “Veramente sei pronta a tutto ciò che voglio?”
Io mi vedevo più confusa e annientata, e dicevo: “Sì, sono pronta”, ma quasi tremante, e Lui, compassionandomi, continuava a dirmi: “Non temere, sarò tua forza; non soffrirai tu, ma sono Io che soffrirò e combatterò in te. Vedi, voglio purificare l’anima tua da ogni minimo neo che potesse impedire l’amor mio in te. Voglio provare la tua fedeltà, ma come posso vedere se ciò è vero, se non col metterti in mezzo alla battaglia? Sappi dunque, che voglio metterti in mezzo ai demoni; darò loro libertà di tormentarti e di tentarti, affinché, quando avrai combattuto con le virtù i vizi opposti, già tu ti trovi in possesso di quelle stesse virtù che crederai di perdere, e dopo l’anima tua, purgata, abbellita, arricchita, sarà come un re che viene, vincitore, da una fierissima guerra, che mentre credeva di perdere quello che aveva, se ne ritorna invece più glorioso e ripieno di immense ricchezze, e allora verrò Io a formare in te la mia dimora e staremo sempre insieme. È vero che sarà doloroso il tuo stato, i demoni non ti daranno più pace, né giorno, né notte; staranno sempre in atto di muoverti fierissima guerra, ma tu abbi sempre la mira a quello che voglio fare di te, cioè di farti simile a Me, come è che a ciò non potrai giungere che per mezzo di molte e grandi tribolazioni, ché così starai con più coraggio a sostenerne le pene”».

Questa parte del Diario della Piccarreta costituisce, a mio parere, una conferma di quanto affermato nelle Linee Guida. Tanto che le parole che Gesù ha detto a Luisa e che sono state riportate qui sopra dovrebbero essere lette alla luce del cap. III delle Linee Guida, in particolare a partire dal n. 035 in poi. È vero che in questo saggio la nostra attenzione si concentra sulle azioni diaboliche straordinarie di cui “l’Angelo di Corato” (6) è stata vittima, ma non va mai dimenticato che il fine che Dio persegue e il modo con cui Egli agisce nel mettere alla prova l’uomo sono gli stessi anche nei casi in cui permette l’azione straordinaria del maligno (7).
Qui mi limito solo a rilevare, sulla base dell’esperienza, che la maggior parte di chi è vittima di azioni diaboliche straordinarie allorché prende coscienza della propria situazione avverte un senso di smarrimento dovuto, in parte, al fatto che mai si sarebbe aspettata di trovarsi in una simile condizione. Nel caso di Luisa, invece, come di alcuni altri santi (ad esempio, Veronica Giuliani o Pio da Pietrelcina), il Signore provvede per tempo a prepararli, illuminandoli anzitutto sul fine che Egli si propone di raggiungere con tali prove, affinché essi le sostengano di buon grado e possano vincere la “fierissima guerra”.
Tutto ciò getta luce su un aspetto fondamentale del compito che la Chiesa assegna all’esorcista, che è quello di «un adeguato accompagnamento spirituale del fedele bisognoso del suo ministero» (8).
In questa prospettiva è importante fin dal principio iniziare a “lavorare” per portare le persone da noi seguite a dare il giusto senso alla loro situazione. Come ci ricordano i bambini, all’uomo non basta sapere il “come” delle cose, ma ha bisogno di afferrare il loro “perché”.
Nel caso delle vittime di un’azione diabolica straordinaria, il “perché” che per esse è necessario cogliere non risiede tanto nella causa occasionale che ha predisposto e favorito l’inverarsi dell’azione diabolica da loro patita (9), quanto nel fine che Dio vuole raggiungere con l’averla permessa. Quest’ultimo, infatti, è il “perché” che dà il giusto senso alla loro situazione!
Sappiamo bene, per esperienza, che fin quando il fedele tribolato dal maligno mantiene fissa la sua attenzione su ciò che ha “causato” la sua sofferta condizione, anche nell’eventualità in cui eviti di coltivare atteggiamenti di recriminazione (soprattutto se vittima di un vero maleficio), dall’esorcismo egli spererà solo la liberazione dai suoi fastidi e il ritorno alla situazione in cui non li avvertiva. Con questo atteggiamento, però, il fedele mancherà all’obiettivo che Dio si proponeva con il permettere l’azione diabolica straordinaria.
Da qui la necessità di un accompagnamento spirituale che aiuti il tribolato dal maligno ad afferrare i fini voluti da Dio, per volerli lui pure. Leggiamo, infatti, nelle Linee Guida: «Benché suoni ovvio, l’accompagnamento spirituale deve condurre sempre più verso Dio, in cui possiamo raggiungere la vera libertà» (10). L’esorcista, insomma, deve aiutare il fedele ad afferrare quel “perché” che dà il giusto senso alla sua situazione, accompagnandolo “nel cammino in cui lo sviluppo del bene, la maturazione spirituale e la crescita dell’amore sono il miglior contrappeso nei confronti del male” (11).

Ma riprendiamo la lettura del Diario.

«Chi può dire come rimasi spaventata a tale annunzio? Mi sentivo gelare il sangue, arricciare i capelli e la mia immaginazione ripiena di neri spettri, che pareva che mi volevano divorare viva. Mi pareva che il Signore, prima di mettermi in questo stato doloroso, dava libertà a tutto ciò che dovevo soffrire, e mi vedevo da tutto circondata; e allora a Lui mi rivolsi e gli dissi: “Signore, abbi pietà di me! Deh, non lasciarmi sola e abbandonata! Vedo che i demoni, è tanta la loro rabbia, che non lasceranno di me neppure la polvere. Come potrò resisterli? A Voi è ben nota la mia miseria e quanto sono cattiva. Dunque, dammi nuova grazia per non offenderti. Ma, Signore, la pena che strazia di più l’anima mia è il vedere che anche Voi dovete lasciarmi. Ah, a chi potrò dire più una parola? Chi mi deve insegnare? Ma sia fatta sempre la vostra Volontà, benedico il tuo santo Volere”.

E Lui benignamente così riprese a dire: “Non ti affliggere tanto. Sappi che mai permetterò che ti tentino sopra le tue forze. Se ciò permetto è per tuo bene. Non metto mai le anime nelle battaglie per fare che periscano. Prima misuro le loro forze, dono loro la mia grazia, e poi le introduco, e se qualche anima precipita è perché non si tiene unita a Me con la preghiera. Non provando più la sensibilità del mio amore, vanno mendicando amore dalle creature, mentre Io solo posso saziare il cuore umano; non si lasciano guidare dalla via sicura dell’obbedienza, credendo più al giudizio proprio che a chi li guida in vece mia. Dunque, quale meraviglia se precipitano? Quindi, quel che ti raccomando è la preghiera. Ancorché dovessi soffrire pene di morte, mai devi tralasciare quel che sei solita di fare, anzi, quanto più ti vedrai nel precipizio, tanto più invocherai l’aiuto di chi può liberarti.
Di più voglio che ti metta ciecamente nelle mani del Confessore, senza esaminare quello che ti viene detto; tu sarai circondata da tenebre e sarai come uno che non ha occhi e che ha bisogno di una mano che lo guidi. L’occhio per te sarà la voce del Confessore, che come luce ti rischiarerà le tenebre; la mano sarà l’ubbidienza, che ti sarà di guida e di sostegno per farti giungere a porto sicuro.
L’ultima cosa che raccomando è il coraggio: voglio che con intrepidezza entri nella battaglia. La cosa che più fa temere un esercito nemico è il vedere il coraggio, la fortezza, il modo con cui sfidano i più pericolosi combattimenti, senza nulla temere. Così sono i demoni: nulla più temono, che un’anima coraggiosa, tutta appoggiata a Me, con animo forte va in mezzo a loro, non per essere ferita, ma con risoluzione di ferirli e di sterminarli. I demoni restano spaventati, atterriti, e vorrebbero fuggire, ma non possono, perché legati dalla mia Volontà, e sono costretti a starvi per loro maggior tormento. Dunque, non temere di loro, ché niente possono farti senza il mio Volere; e poi, quando ti vedrò che non puoi più resistere e starai per venir meno, se tu mi sarai fedele subito verrò, metterò tutti in fuga e ti darò grazia e fortezza. Coraggio dunque, coraggio!”».

Luisa descrive con molta chiarezza la sua reazione all’annuncio che Gesù le aveva fatto di questa tremenda lotta coi demoni e, insieme, riporta quanto il Signore, nell’incoraggiarla, si premura di insegnarle circa il modo con cui deve affrontare la prova.
In ordine all’incoraggiamento, va notato anzitutto che lo spavento di Luisa non nasce dalla prospettiva di dovere soffrire per opera dei demoni, ma dal timore che la loro azione la porti ad offendere Dio. È questa disposizione interiore di Luisa che permette a Gesù di incoraggiarla in modo efficace.
Qui c’è qualcosa di molto importante per noi esorcisti in ordine all’accompagnamento spirituale dei fedeli bisognosi del nostro ministero. La paura di soffrire è normale, ma deve essere superata e vinta dal timore di offendere Dio, cioè di peccare. Fin tanto che questo traguardo non è raggiunto, non si potrà mai incoraggiare in modo efficace chi è vittima di un’azione straordinaria del maligno, né tanto meno aiutarla a trarre vantaggio dalla propria condizione.
A chi, come Luisa, il timore che l’azione diabolica straordinaria possa condurre ad offendere Dio risulta vincente sul timore di dover soffrire a causa del demonio, il Signore assicura: primo, che gli spiriti maligni non possono tentare sopra le forze della persona; secondo, che l’azione che Dio permette loro di svolgere è per il bene della persona. Infatti, mai Dio mette le anime nelle battaglie perché esse periscano.
Gesù illustra poi quali sono le vere cause di un’eventuale caduta, dando quindi gli insegnamenti necessari circa il modo con cui si devono affrontare questo genere di prove.
Quello che anzitutto Egli raccomanda è la preghiera, che mai deve essere tralasciata. Anzi, quanto più ci si vede sul precipizio, tanto più deve essere insistente.
Alla preghiera si aggiunge, per Luisa, il mettersi ciecamente nelle mani del confessore, il che significa, nel caso dei fedeli bisognosi del nostro ministero, l’affidarsi ciecamente alla guida dell’esorcista in tutto ciò che attiene al cammino di liberazione. Il ciecamente, come fa capire Gesù a Luisa, è motivato dalla condizione di cecità in cui la prova mette l’anima in ordine al cammino da percorrere per giungere a porto sicuro. La voce del confessore per Luisa (dell’esorcista per le vittime dell’azione diabolica straordinaria) diventa occhio e luce; l’obbedienza alle indicazioni del ministro di Dio è la mano che guida e sostiene (12).

Infine Gesù raccomanda il coraggio, ossia la virtù cardinale della fortezza. Un coraggio che, con sorpresa di chi legge questi passaggi del Diario, non deve animare soltanto la difesa, ma deve addirittura condurre all’attacco: “con animo forte va in mezzo a loro, non per essere ferita, ma con risoluzione di ferirli e di sterminarli. I demoni restano spaventati, atterriti, e vorrebbero fuggire, ma non possono, perché legati dalla mia Volontà, e sono costretti a starvi per loro maggior tormento”.
Quante cose cambierebbero in meglio se i fedeli affidati alle cure del nostro ministero esorcistico riuscissero a mettersi in questo atteggiamento di spirito (13)!

Proseguiamo la lettura del Diario.

«Ora, chi può dire il cambiamento che succedette nel mio interno? Tutto era orrore per me; quell’amore che prima sentivo in me, ora me lo sentivo convertito in odio atroce. Che pena di non poterlo più amare! Mi straziava l’anima il pensare che quel Signore, che era stato tanto buono con me, ora mi vedevo costretta ad aborrirlo e bestemmiarlo, come se fosse il più crudele nemico, e non poterlo guardare neppure nelle sue immagini, ché a guardarle, tenere corone fra le mani, baciarle, mi venivano tali impeti di odio e tanta forza, che farlo e mettere tutto in pezzi era lo stesso; e delle volte facevo tanta resistenza, che la natura tremava da capo a piedi. O Dio, che pena amarissima. Io credo che se nell’inferno non ci fossero più pene, la sola pena di non poter amare Dio formerebbe l’inferno più orribile.
Molte volte il demonio mi metteva innanzi le grazie che il Signore mi aveva fatto, ora come un lavorio della mia fantasia e quindi per poter menare una vita più libera, più comoda, ed ora come vere, e mi rimproveravano col dire: “Questo è il bene che ti voleva? Questa è la ricompensa, che ti ha lasciato nelle nostre mani? Sei nostra, sei nostra, per te tutto è finito, non c’è più da sperare!” E nell’interno mi sentivo gettare tali impeti di sdegno contro il Signore e di disperazione, che parecchie volte, essendomi trovata qualche immagine fra le mani, era tanta la forza dello sdegno, che la ruppi; ma mentre ciò facevo piangevo e la baciavo, ma non so dire come, ero costretta a farlo.
Ora, chi può dire lo strazio dell’animo mio? I demoni facevano festa e se la ridevano; chi faceva rumore sia da un punto che dall’altro, chi strepitava, chi mi assordava con grida dicendo: “Vedi come sei nostra? Non ci resta altro che portarti all’inferno, anima e corpo, e poi vedrai che lo faremo”.
Delle volte mi sentivo tirare, ora le vesti, ora la sedia dove stavo inginocchiata, e tanto la movevano e strepitavano, che non potevo pregare; e delle volte era tanto il timore che, credendomi di dover liberarmi, me ne andavo a coricare nel letto, siccome questi fracassi succedevano la maggior parte di notte, ma anche là mi seguivano, col tirarmi il cuscino e le coperte. Or, chi può dire lo spavento, la paura che ne provavo? Io stessa non sapevo dove mi trovavo, o sopra la terra o nell’inferno. Era tanto il timore che davvero mi portassero, che gli occhi non si potevano più chiudere al sonno; stavo come uno che tiene un crudele nemico, che ha giurato che a qualunque costo gli deve togliere la vita, e questo credevo che mi doveva succedere al primo chiudere gli occhi. Quindi mi sentivo come se uno mi mettesse una cosa dentro, in modo che ero costretta a tenerli spalancati per vedere quando mi dovevano portare; chissà che potessi farmi forza ed oppormi a ciò che volevano fare. Quindi mi sentivo sollevarmi i capelli sulla mia testa uno per uno, un sudore freddo per tutta la persona, che mi penetrava fino nelle ossa, e mi sentivo disgiungere i nervi e le ossa, uno per uno, e si dibattevano insieme per la paura. Altre volte mi sentivo incitare a tali tentazioni di disperazione e di suicidio, che qualche volta, essendomi trovata vicino al pozzo, oppure a qualche coltello, mi sentivo tirare a menarmi dentro, oppure a prendere il coltello e a uccidermi, ed era tanta la forza che dovevo farmi per fuggire, che mi sentivo pene di morte, e mentre fuggivo me li sentivo venire appresso e mi sentivo suggerire che per me inutile era il vivere, dopo aver commesso tanti peccati. Dio mi aveva abbandonato, perché non ero stata fedele; anzi, mi vedevo che avevo fatto tante scelleratezze, che mai anima al mondo aveva commesso, quindi per me non c’era più misericordia da sperare. Nel fondo dell’anima mia mi sentivo ripetere: “Come puoi vivere, nemica di Dio? Sai tu quale è quel Dio che hai tanto oltraggiato, bestemmiato e odiato? Ahi, quel Dio immenso, che da per tutto ti circondava, tu, sotto i suoi occhi stessi, hai ardito di offenderlo! Hai perduto il Dio dell’anima tua. Chi ti darà più pace, chi ti libererà da tanti nemici?”
Era tanta la pena, che non facevo altro che piangere. Delle volte mi mettevo a pregare e i demoni, per accrescere il mio tormento, me li sentivo venire sopra, e chi mi percuoteva, chi mi pungeva e chi [mi] soffocava la gola. Una volta ricordo che, mentre pregavo, mi sentii tirare i piedi da sotto, la terra aprirsi ed uscire le fiamme, ed io vi sprofondavo dentro. Fu tale lo spavento ed il dolore, che rimasi mezzo morta, tanto che per riavermi da quello stato venne Gesù Cristo e mi rincuorò, mi fece capire che non era vero che avevo messo la volontà di offenderlo, e che io stessa lo potevo conoscere dalla pena amarissima che ne sentivo; che il demonio era un bugiardo e che non dovevo dargli retta; che per ora dovevo avere pazienza a soffrire quelle molestie e che poi doveva venire la pace.
Così succedeva di tanto in tanto, quando proprio giungevo agli estremi, e delle volte, per mettermi in più aspri tormenti, nell’atto di quel conforto, l’anima si convinceva, perché innanzi a quella luce è impossibile che l’anima non apprenda la verità, ma dopo che mi trovavo nella lotta, mi trovavo allo stesso stato di prima.
Mi tentava ancora a non farmi la Comunione, persuadendomi che dopo che avevo commesso tanti peccati, era una baldanza l’andarvi, e che se ardivo, non Gesù Cristo sarebbe venuto, ma il demonio, e che tanti tormenti mi avrebbe dato, che mi avrebbe dato la morte; ma l’ubbidienza lo vinceva. È vero che delle volte soffrivo pene mortali, sicché a stento potevo riavermi dopo la Comunione, ma siccome il Confessore voleva che assolutamente la facessi, non potevo fare diversamente; sicché ricordo che parecchie volte non la feci. Ricordo pure che, delle volte, mentre pregavo la sera, mi smorzavano la lampada. Delle volte mettevano ruggiti tali da fare spavento; altre volte, voci flebili, come se fossero moribondi; ma chi può dire tutto ciò che facevano? È impossibile».

Chi ha bene presente ciò che le Linee Guida espongono al cap. IV e ha compreso la specificità delle diverse forme dell’azione diabolica straordinaria a danno dell’uomo, non farà fatica a ravvisarne i contorni nella descrizione che Luisa fa di quanto ha sofferto nei tre anni di prova permessi dal Signore.
Indubbiamente spicca l’azione ossessiva del demonio sui sensi interni di Luisa, azione che mira ad aggredire indirettamente l’anima nelle sue facoltà superiori, gettandola nello sconforto e nella disperazione, fino a spingerla al suicidio.
Ad essa si aggiunge una variegata azione vessatoria (14) e, in non poche circostanze, una vera e propria possessione diabolica (15), che Luisa soffriva mantenendo piena coscienza di sé e di quanto accadeva, cosa che aumentava il suo dolore e offriva materia all’intensificarsi dell’azione ossessiva del demonio.

Proseguiamo la lettura del Diario.

«Quindi, questo duro cimento – sebbene non ricordo tanto bene – durò da tre anni, ma aveva giorni e settimane d’intervallo. Non è che cessarono del tutto, ma si incominciarono a mitigare. Ricordo che dopo una Comunione il Signore mi insegnò il modo come dovevo fare per metterli in fuga, ed era il disprezzarli e non curarli affatto, e che dovevo fare quel conto, come se fossero tante formiche. Mi sentii infondere tanta forza, che non mi sentivo più quel timore di prima. E facevo così; quando facevano strepito, rumore, dicevo loro: “Si vede che non avete che fare e che per passare il tempo state facendo tante sciocchezze. Fate, fate, che poi, quando vi stancherete, la finirete”. Delle volte cessavano; altre volte tanto si arrabbiavano e facevano più forti rumori. Me li sentivo vicino, facendosi più forti, e la violenza di dovermi portare; sentivo la puzza orribile, il calore del fuoco. È vero che nel mio interno sentivo un certo brivido, ma mi facevo forza e dicevo loro: “Bugiardi che siete! Se ciò fosse vero, dal primo giorno l’avreste fatto, ma siccome è falso e non avete nessun potere su di me, se non quello che vi viene dato dall’Alto, perciò cantate e cantate e poi, quando vi stancherete, creperete”.
Se poi facevano lamenti e grida, dicevo loro: “Che, non avete avuto i conti oggi, ossia, vi è stata tolta qualche anima, che vi lamentate? Poveretti, non si sentono bene, ma però voglio pure io farvi lamentare un altro poco”, e mi mettevo a pregare per i peccatori, oppure a fare atti di riparazione. Delle volte me la ridevo, quando incominciavano a fare le solite cose, e dicevo loro: “Come posso temervi, razza vile? Se foste esseri seri, non avreste fatto tante sciocchezze. Voi stessi non vi vergognate, non vi fate prendere a burla?”.
Se poi mi tentavano di bestemmia o di odio contro Dio, gli offrivo quella pena amarissima, quella forza che mi facevo, ché mentre vedevo che il Signore meritava tutto l’amore, tutte le lodi, io ero costretta a fare il contrario, in riparazione di tanti che lo bestemmiano liberamente e che neppure si ricordano che esiste un Dio, che sono obbligati a riamarlo. Se mi incitavano a disperazione, nel mio interno dicevo: “Non mi curo né del Paradiso, né dell’inferno; quel che mi preme è di amare il mio Dio. Questo non è tempo di pensare ad altro, anzi è tempo di amare quanto più posso il mio buon Dio. Il Paradiso e l’inferno lo rimetto nelle sue mani. Lui, che è tanto buono, mi darà quello che a me più convenga e mi darà un luogo dove possa più glorificarlo”.
Mi insegnò Gesù Cristo che il mezzo più efficace per fare che l’anima resti libera da ogni vana apprensione, da ogni dubbio, da ogni timore, era il protestare innanzi al Cielo, alla terra e agli stessi demoni, di non voler offendere Dio, anche a costo della propria vita, di non volere consentire a qualunque tentazione del demonio, e questo appena l’anima avverte che viene la tentazione, se può nell’atto della battaglia e appena si incomincia a sentire libera, e anche nel corso del giorno. Facendo così, l’anima non perderà tempo a pensare se abbia o no acconsentito, ché il solo ricordarsi della protesta già le restituirà la calma, e se il demonio cercherà di inquietarla, potrà rispondergli che se aveva intenzione di offendere Iddio non avrebbe protestato il contrario; e così resterà salva da ogni timore. Ora, chi può dire la rabbia del demonio, ché tutte le sue astuzie riuscivano a sua confusione, e dove credeva di guadagnare ci perdeva e che delle sue stesse tentazioni ed artifizi l’anima se ne serviva per poter fare atti di riparazione e di amore al suo Dio, facendo in questo modo?
L’altro modo che mi insegnò per scacciare le tentazioni era il seguente: se mi tentavano di suicidio, io dovevo rispondere: “Non ho avuto nessun permesso da Dio, anzi, a vostro dispetto voglio vivere, per poter più amare il mio Dio”. Se poi mi percuotevano e mi battevano, io mi dovevo umiliare, inginocchiarmi e ringraziare il mio Dio, che ciò succedeva in penitenza dei miei peccati; non solo, ma offrire tutto come atto di riparazione a tutte le offese di Dio che si facevano nel mondo.
Finalmente una brutta tentazione, che mi durò poco, fu che al contatto continuo di circa un anno e mezzo con così brutti demoni, io dovessi uscire incinta e partorire poi un piccolo demonio con le corna. La fantasia si alterava, così che io mi vedevo innanzi ad una confusione orribile per quello che si sarebbe detto di me, per sì brutto avvenimento.
Finalmente finì dopo circa un anno e mezzo di questa lotta; finirono le crudezze dei demoni e cominciò una vita tutta nuova. I demoni però non cessarono di molestarmi di tanto in tanto, ma non era così frequente, non così fiera la battaglia; ed io mi avvezzai a disprezzarli».

Conclusione

In questi passi del Diario Luisa descrive i cambiamenti che col passare del tempo e con l’aiuto di Dio si verificarono in lei.
Quel coraggio (= virtù cardinale della fortezza) che tanto le era stato raccomandato da Gesù, in lei diventa disposizione abituale e questo era certamente uno dei traguardi che il Signore si prefiggeva di raggiungere attraverso la dura lotta in cui il suo amore l’aveva messa.
Questo è importante, perché ci aiuta a capire che la liberazione dall’azione straordinaria del demonio, nel suo nucleo portante, non consiste nel mero finire delle prove. Questa, semmai, è la liberazione completa che Dio «concederà, una volta che la persona tribolata si trovi nelle condizioni richieste per riceverne il dono e questo dono le sia veramente giovevole» (16).
La liberazione vera dall’azione straordinaria del maligno, in ciò che ha di fondamentale, comincia quando l’anima si rimette nell’ordine stabilito da Dio e, sostenuta dalla Sua grazia, cessa di avere paura del demonio e della sofferenza che egli può causare (17), giungendo a farsi beffe di lui.
Nella mia esperienza posso testimoniare come queste pagine del Diario di Luisa Piccarreta, oltre a giovare a me, sono state di grande aiuto a persone che, trovandosi in situazioni simili alla sua, le hanno lette e meditate. Per questo spero che ne possano trovare giovamento altri fratelli esorcisti e tante altre persone che hanno bisogno del nostro ministero.


Note
1. Cfr. A. Castaldini, “San Giovanni Calabria: “zero e miseria” vince il diavolo”, in “Quaderni dell’Associazione Internazionale Esorcisti”, n. 18: Atti del Convegno Nazionale AIE, Sacrofano (Roma), 16-20 settembre 2019, pp. 96-134.
2. Si veda, a proposito, la citata biografia di Maria Rosaria Del Genio, in particolare quanto riportato a partire dalla pag. 197 in poi.
3. Tra questi il fatto che il responsabile della copia, delle correzioni e delle note a piè di pagina del materiale in questione è Padre Pablo Martín Sanguiao. Il tutto è attualmente reperibile sul sito http://ladivinavolonta.org/
4. Associazione Internazionale Esorcisti (a cura), “Linee guida per il ministero dell’esorcismo. Alla luce del rituale vigente”, Padova, Ed. Messaggero, 2019. Con prefazione del Card. Angelo De Donatis.
5. Linee Guida n. 085.
6. Espressione con cui San Pio da Pietrelcina indicava Luisa Piccarreta.
7. Quanto detto di Dio, vale anche per il diavolo. Il fine che i demoni perseguono e il modo con cui agiscono nel tentare l’uomo al male sono, infatti, gli stessi anche nei casi in cui Dio permette loro di esercitare un’azione straordinaria a danno dell’uomo o di cose date in uso all’uomo. Come dicono bene le Linee Guida al n. 358: «L’esorcista abbia sempre presente che il demonio, nei casi in cui Dio gli permette di esercitare un’azione straordinaria contro una creatura umana, usa gli effetti di questo suo agire straordinario per intensificare l’azione ordinaria con la quale cerca normalmente di allontanare gli uomini da Dio inducendoli al peccato. Così, ad esempio, usa della sofferenza causata dalla sua attività vessatoria o ossessiva, per insinuare nell’immaginazione della persona tribolata pensieri di sfiducia in Dio, nel valore della preghiera, nell’efficacia degli esorcismi o per alimentare in essi sentimenti di rabbia, di avversione ecc.».
8. Linee Guida n. 351. Di questo argomento, ossia dell’accompagnamento spirituale del fedele bisognoso del ministero dell’esorcista, si occupa in particolare il cap. XVI delle Linee Guida.
9. Sul tema delle cause occasionali si vedano soprattutto i numeri 82-84 delle Linee Guida.
10. Linee Guida n. 352.
11. Cfr. Linee Guida n. 354.
12. Si leggano questi passaggi alla luce di quanto riportato al n. 362 delle Linee Guida.
13. Quanto qui detto viene a valorizzare e ad integrare le indicazioni del n. 363 delle Linee Guida.
14. Ad esempio: “chi mi percuoteva, chi mi pungeva e chi [mi] soffocava la gola …”
15. Lo provano espressioni come queste: “mi venivano tali impeti di odio e tanta forza, che farlo e mettere tutto in pezzi era lo stesso … parecchie volte, essendomi trovata qualche immagine fra le mani, era tanta la forza dello sdegno, che la ruppi; ma mentre ciò facevo piangevo e la baciavo, ma non so dire come, ero costretta a farlo …”
16. Linee Guida n. 310, c.
17. «Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14-15). Il tema della liberazione dalla paura, che è di capitale importanza per la vita cristiana in generale e che è supportato dall’intera Rivelazione, ha un posto particolare nell’ambito del ministero esorcistico e merita di essere affrontato e spiegato in vista di un accompagnamento efficace dei fedeli affidati alle nostre cure.